Si sono diffuse molte testimonianze per cui gli influencer appartenenti al mondo tossico dell’entertainment moderno fatto di agenzie e hype stiano facendo soldi con un nuovo modello di business: quello legale.
Come funziona il nuovo business delle querele di influencer, agenzie e avvocati?
Il sistema è semplice ma ben strutturato. L’influencer viene contattato da un avvocato o da uno studio legale. Gli avvocati in molti casi sono una sottospecie di avvoltoi in cerca della vittima perfetta da poter spolpare, ma per farlo hanno bisogno di un’esca attraente e appetitosa. L’influencer funge da esca, l’avvocato è l’avvoltoio, mentre l’utente del web è la preda. Poi c’è l’agenzia che funge da comburente affinché tutto avvenga velocemente e con un numero alto di impressioni/CTR.
L’influencer pubblica video trash provocatori sulle sue piattaforme social (tipicamente Instagram e TikTok), l’agenzia li diffonde e amplifica. Avendo migliaia di follower ed essendo spinta dagli algoritmi, nonché dall’agenzia, succede che il video diventa virale e si popola di centinaia di commenti. La maggior parte dei commenti sono generati dalla rabbia mista a istinto e ribrezzo, che tendono ad insultare l’influencer. Qui entrano in gioco le squadre di avvocati che come lavoro si sono specializzate proprio in questo fiorente settore. Ci sono avvocati che ogni giorno leggono i commenti sotto ai canali social degli influencer che entrano sotto la loro ala di protezione (o meglio ala di estorsione).
Ogni volta che scovano un commento che viola la legge sulla diffamazione a mezzo stampa ne estrapolano le prove e poi agiscono in due modi:
– Effettuando la querela e depositandola in tribunale
– Chiede un compenso all’utente per evitare di querelarlo
In questo modo l’influencer va virale e ci guadagna due volte, l’agenzia la spamma e ne amplia la diffusione della provocazione e ci guadagna due volte, gli avvocati si spartiscono la parcella e ci guadagnano. Il sistema del ricatto è in sostanza remunerativo per tutte e 3 le parti di potere mediatico a discapito dell’ignara vittima media del web che si ritrova contro un sistema strutturato e potente.
Influencer nel dimenticatoio: la querela per sostenere lo stile di vita
La mossa della querela è tipicamente fatta da influencer o pseudoinfluecer in fase di discesa per quanto riguarda incassi e interazioni. Infatti, soprattutto quelli che sono diventati famosi rapidamente e viralmente tendono ad essere dimenticati altrettanto velocemente. La loro discesa è ancor più veloce della loro salita e per sostenere il medesimo stile di vita modificato grazie a lauti compensi, sono costretti a trovare vie alternative. Ci sono parecchi influencer italiani diventati famosi facendo gli imbecilli senza un minimo d’etica. Nel lungo periodo crollano inevitabilmente se non si inventano altri modelli di business.
La minaccia di querela come mezzo di estorsione
La seconda via, di chiedere un compenso all’utente per non querelarlo, è quella più veloce perché permette di ottenere subito i soldi in maniera facile e rapida, mentre la prima richiede tempi lunghi ed risultati sono incerti. Quindi, si preferisce la seconda strada che assomiglia molto all’estorsione e viola il codice deontologico degli avvocati proprio perché si è creata una sorta di triunvirato avvocato-influencer-agenzia fatto di apposite provocazioni per scopi estorsivi.
L’avvocato quindi contatta l’utente chiedendo per esempio 400€ per non querelarlo. Una cifra che magari l’utente impaurito paga subito per evitare beghe non solo a livello civile ma anche penale. La querela infatti è un reato penale, che può portare anche al carcere (una legge assurda e mai modificata per cui anche l’Europa ci ha bacchettato).
La minaccia di un’azione legale, di per sé legittima, può integrare una minaccia estorsiva?
Secondo la giurisprudenza di legittimità «la minaccia di adire le vie legali, pur avendo un’esteriore apparenza di legalità, può integrare l’elemento costitutivo del delitto di cui all’art. 629 c.p. quando però sia formulata non con l’intenzione di esercitare un diritto, ma con lo scopo di coartare l’altrui volontà e conseguire risultati non conformi a giustizia», ossia perseguendo «un risultato iniquo, perché ampiamente esorbitante ovvero non dovuto rispetto a quello conseguibile attraverso l’esercizio del diritto, che viene strumentalizzato per scopi “contra ius”, diversi cioè da quelli per cui esso è riconosciuto e tutelato» (cfr. Cass. Pen. n. 5664 del 1974; n. 8731 del 1984; n. 7380 del 1986; n. 47895 del 2014; n. 36365 del 2013).
Le agenzie ed il loro ruolo tossico
Il ruolo tossico delle agenzie è quello di mantenere l’hype dei loro creator sempre in alto. Quando cala l’attenzione verso un creator si inventano storie, dissing, risse o altro che possa riaccendere l’attenzione e far parlare di loro. In cambio ricevono lauti compensi degli influencer che si finanziano dagli abbonamenti che gli utenti fanno sulle piattaforme tossiche. Questo sistema ha reso potenti le agenzie ed il 99% dei personaggi che emergono dal web è grazie a loro. Gli influencer sotto la stessa agenzia si promuovono a loro volta tra loro, fanno collaborazioni, spammano nelle stories, ecc…
Dietro il mondo delle agenzie si cela un meccanismo borderline ma spesso anche illegale che però non viene notato o non vuole essere notato dalla società.
La provocazione depenalizza il reato con la circostanza attenuante
La giurisprudenza conscia di questo meccanismo aveva introdotto la circostanza attenuante. La circostanza attenuante della provocazione è prevista all’art. 62 n. 2 del codice penale e consiste nell’aver agito in stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui.
Come proteggersi?
Il miglior modo per proteggersi è evitare di commentare le pagine degli influencer tossici del web. Vanno isolati e fatti marcire nell’oblio del dimenticatoio. Se però ci sei cascato puoi denunciare la tentata estorsione e aggregarti a persone che hanno subito la medesima sventura.
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