Centrale di biometano a San Marco alle Paludi (Fermo) – Una storia già vista che si ripete a cadenza temporale. Una volta i privati volevano fare la centrale a biomasse a Campiglione di Fermo! Se fosse successo, si sarebbe creato un danno senza precedenti considerando lo sviluppo odierno della zona.
Biometano, biogas, biomasse: centrali vicino alle case
È stato solo grazie alla dura opposizione popolare che si è evitato il peggio proprio a Campiglione di Fermo che oggi è diventato un centro urbano sempre più sviluppato.
Ora ci si è spostati solo un po’ più giù verso la bassa valle del Tenna ed è cambiata la tecnologia, ma il discorso non cambia. Allora rinfreschiamo un po’ le idee sulle centrali che di bio hanno solo il nome che si chiamino a biogas, biometano o biomasse. Ma nei casi peggiori c’è anche il più temuto inceneritore.
Fatevi un giro vicino alla Mezzina zona Torre San Patrizio per sentire che profumino soprattutto d’estate producono le biomasse. Quando tira il vento viaggia per chilometri.
Di solito poi i politici per fare accettare una centrale ai cittadini, soprattutto se si tratta di un inceneritore, utilizzano la classica frase: “Si pagherà meno di tasse grazie alla centrale”, cosa che puntualmente è smentita nei territori in cui è stata realizzata. Ma in questo caso neanche quello dato che si tratta di privato.
Centrale a biometano – Perché San Marco le Paludi?
Il perché è dato dalla vicinanza in linea d’aria con il casello autostradale di Porto Sant’Elpidio che si accorcerebbe ulteriormente con nuovi collegamenti, grazie ad esempio al nuovo ponte sul Tenna. Infatti, le centrali hanno bisogno di un grande quantitativo di trasporto su gomma da parte di camion che importano la biomassa ed esportano lo scarto.
In sostanza non solo un inquinamento generato dalla produzione ma anche dai camion che fanno continuamente da spola da e verso la centrale, incrementando così il quantitativo di CO2 nell’aria. San Marco è un punto strategico proprio per questa vicinanza sempre più in espansione con le nuove strade in corso di finanziamento. Hanno capito il potenziale del luogo e vogliono subito monetizzare con un bel centralone finanziato dai fondi GSE dell’Europa.
Di solito prima si fa il cavallo e poi la sella mentre qui il contrario. Prima si vuol fare l’impianto a biometano e poi in futuro un allevamento intensivo annesso per prendere la pollina in maniera diretta. La richiesta per le autorizzazioni di connessione dell’impianto alla rete nazionale di distribuzione del gas arriveranno in Regione Marche ed il quadro completo è quindi questo.
La burocrazia lenta una volta ci salvava e bloccare gli impianti era più semplice, mentre ora l’hanno snellita e semplificata al fine di velocizzare questi processi senza che i cittadini se ne accorgano troppo presto. Questa è il volere dell’Europa green?
Centrale a biometano vicino a case e centri abitati
Una centrale a biomasse a meno di 700 m dall’abitato di Cretarola, e meno di 500 m da altre case lungo la strada secondaria e praticamente quasi attaccato all’aviosuperficie Skydive.
Ogni regione impone il rispetto di distanze minime nella collocazione degli impianti a biomassa e di solito si definiscono due distanze:
- distanza minima reciproca rispetto alle residenze civili sparse
- distanza minima reciproca rispetto alle residenze civili concentrate (centri abitati)
Ci domandiamo se vengano rispettate e vogliamo una chiarezza normativa a livello regionale.
Ai sensi dell’articolo 8-bis del D.Lgs. n. 28/2011, la costruzione e l’esercizio di impianti di produzione di biometano e delle relative opere di modifica richiedono:
– la sola comunicazione all’autorità competente per gli interventi di parziale o completa riconversione alla produzione di biometano di impianti di produzione di energia elettrica alimentati a biogas, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione qualora le modifiche siano non sostanziali. In tal caso, entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione, l’autorità competente aggiorna l’autorizzazione rilasciata per esplicitare la quantità in termini di peso e la tipologia di materiale destinata esclusivamente alla produzione di biometano;
– la procedura abilitativa semplificata, per i nuovi impianti di capacità produttiva, come definita ai sensi dell’articolo 21, comma 2, non superiore a 500 standard metri cubi/ora;
– l‘autorizzazione unica, negli altri casi.
Conclusioni sulla centrale a biometano di San Marco alle Paludi
Non possiamo fare una conclusione tecnica, andrebbe letto tutto il progetto della centrale a biometano a San Marco. Tuttavia, è anche vero e doveroso sottolineare che con le nuove tecnologie e filtri sviluppati, l’impatto ambientale è sicuramente inferiore a quello di 10 anni fa.
A difesa della salute pubblica è nato il “Comitato sovracomunale di Cittadini contro la Centrale a Biometano di Fermo-San Marco“.
Le centrali debbono essere pubbliche e non private
Ma la domanda è sempre la stessa: perché una centrale privata su un terreno privato può inquinare aria pubblica? Le centrali se proprio le vogliamo fare facciamole pubbliche su terreno pubblico che comportino uno sgravio economico per il territorio e investimenti sempre nel territorio. Altrimenti si finisce per favorire incassi economici privati mentre si degrada aria pubblica.
Per logica di ragionamento, questo dualismo guadagno privato/inquinamento pubblico non può essere politicamente accettato in una società democratica in quanto si favorirebbe l’avanzata del capitalismo e l’aumento delle diseguaglianze sociali. La tassazione infatti è molto ma molto inferiore rispetto all’impatto che una centrale avrebbe sul territorio (considerando anche la devalutazione immobiliare). Sui giornali questi ragionamenti non li trovate, per questo è nata Seremailragno.com.
Centraline di monitoraggio permanenti assenti in tutta la provincia
E la seconda questione è come si fa a non avere una centralina di controllo della qualità dell’aria in provincia di Fermo? L’unica provincia delle Marche a non averne nemmeno una. Una questione che avevamo sollevato diversi anni fa andando a chiedere anche all’ARPAM.
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APPENDICE A – Il biogas
Un impianto di biogas è in grado di trasformare le biomasse in biogas, attraverso una serie di trasformazioni anaerobiche (cioè in assenza di ossigeno) dovute all’attività dei microorganismi presenti in natura, ma replicate su scala industriale.
Esistono diverse tipologie di impianti biogas, ognuna delle quali presenta un funzionamento e una struttura specifici in base al tipo di biomasse utilizzate, fino agli impianti di produzione di biogas di nuova generazione in grado di generare anche biometano avanzato.
In base alla taglia è possibile distinguere anche i mini impianti di biogas, ad esempio un piccolo impianto a biogas casalingo utilizzato per il fabbisogno energetico di un’abitazione residenziale, oppure grandi installazioni con la possibilità di arrivare fino a un impianto di biogas da qualche MW.
Il biogas è una miscela di metano, CO2 e piccole quantità di altri gas prodotti dalla digestione anaerobica di materia organica in un ambiente privo di ossigeno, come H2O, H2S, NH3 e silossani. La composizione precisa del biogas dipende dal tipo di materia prima e dal percorso di produzione; questi includono le seguenti tecnologie principali:
- biodigestori: sistemi ermetici (ad esempio serbatoi) in cui il materiale organico, diluito in acqua, viene scomposto da microrganismi naturali. I contaminanti e l’umidità vengono solitamente rimossi prima dell’uso del biogas;
- sistemi di recupero dei gas di discarica: la decomposizione dei rifiuti solidi urbani (RSU) in condizioni anaerobiche nelle discariche produce biogas. Questo può essere catturato utilizzando tubi e pozzi di estrazione insieme a compressori per indurre il flusso a un punto di raccolta centrale;
- impianti di trattamento delle acque reflue: questi impianti possono essere attrezzati per recuperare materia organica, solidi e nutrienti come azoto e fosforo dai fanghi di depurazione. Con un ulteriore trattamento, i fanghi di depurazione possono essere utilizzati come input per produrre biogas all’interno dei digestori anaerobici.
APPENDICE B – Il biometano
Il biometano (definito anche BioSNG o Gas Naturale Rinnovabile) è totalmente sostitutivo del gas naturale fossile, in quanto ha un contenuto di metano superiore al 97%, ed è ottenibile da biomasse o rifiuti organici attraverso opportuni trattamenti biochimici o termochimici che lo rendono idoneo come vettore energetico o combustibile per il trasporto.
I sistemi principali per produrlo sono:
– upgrading del biogas: questa tecnica rappresenta circa il 90% del biometano totale prodotto oggi nel mondo. Sul mercato sono però disponibili diverse tecniche per l’upgrading del biogas. Le quattro più consolidate sono:
- separazione a membrana;
- lavaggio con acqua;
- assorbimento con sostanze chimiche;
- adsorbimento a variazione di pressione;
– gassificazione termica della biomassa solida seguita da metanazione: la biomassa viene prima scomposta ad alta temperatura (tra 700-800°C) e alta pressione, in un ambiente a basso contenuto di ossigeno. In queste condizioni, la biomassa si converte in una miscela di gas, principalmente monossido di carbonio, idrogeno e metano (a volte chiamati collettivamente syngas).
Per produrre un flusso puro di biometano, questo syngas viene pulito per rimuovere eventuali componenti acidi e corrosivi. Il processo di metanazione utilizza quindi un catalizzatore per promuovere la reazione tra l’idrogeno e il monossido di carbonio, con lo scopo di produrre metano. L’eventuale CO2 o l’acqua rimanente viene poi rimossa alla fine del processo.
APPENDICE C – Centrali a biomasse – Le parole del Professor Postacchini
L’incontro di diversi anni fa in cui Professor Daniele Postacchini parlò delle centrali a biomasse.
L’Asur in quel tempo non prese posizioni nette e contrastanti ma fece le orecchie da mercante perciò va sempre stuzzicata da parte dei cittadini con forte pressioni organizzandosi in comitati. Ricordiamo che in quel tempo si formò il CITASFE “Comitato Intercomunale per la Tutela dell’Ambiente e della Salute del Fermano”.
Rispolveriamo una vecchia copertina che avevamo creato se non veniva fermata la centrale in piena zona di sviluppo:
APPENDICE D – VAS – LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA
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