La filosofia del ragno – Vediamo cosa rappresenta la filosofia del ragno che ha la sua massima espressione in “Se rema il ragno prima o poi si bagnerà“. Dal minimalismo all’anti nichilismo.
La filosofia del ragno diventa musica
La filosofia del ragno: primo impatto
Questa affermazione sembra essere una sorta di frase casuale o enigmatica e non ha un significato all’apparenza chiaro.
- – Il “ragno” fa riferimento ad un insetto comune appartenente alla classe degli aracnidi. Il ragno è la metafora dell’uomo moderno in cerca di consapevolezza.
- – Il “rema” è una forma del verbo “remare“, che significa muovere un’imbarcazione con i remi. Metafora di colui che naviga nel mondo moderno nell’acqua della consapevolezza.
- – Si “bagnerà” si riferisce all’azione di bagnarsi. Non sembra esserci una connessione diretta o logica tra il ragno, il remare e il bagnarsi. È l’atto che tipicamente nel mezzo del cammin della vita consiste nell’apprendere la consapevolezza dettata dall’esperienza e dal bagaglio culturale accumulato.
Ma ora spieghiamo la filosofia in maniera approfondita agli occhi di coloro che hanno una visione di consapevolezza più ampia.
Che cos’é la filosofia del ragno?
“Il ragno” rappresenta il simbolo dell’uomo moderno che sta cercando di progredire e imparare, simboleggiando la sua costante ricerca di conoscenza e sviluppo.
“Remare” può essere interpretato come l’azione di affrontare sfide, superare ostacoli e migliorarsi costantemente.
Da un’altra prospettiva, “si bagnerà” può essere interpretato come un riferimento all’acquisizione di consapevolezza o saggezza. Significa che, con il tempo e le esperienze, l’uomo moderno diventerà sempre più consapevole di sé, delle sue azioni e del mondo circostante. In altre parole, attraverso il processo di apprendimento e crescita personale, l’individuo acquisirà una maggiore comprensione della vita e della propria esistenza.
Questo tipo di affermazione è spesso utilizzato in un contesto filosofico o metaforico per riflettere sulla natura umana e il percorso di crescita personale e spirituale. Ogni individuo può trarre interpretazioni leggermente diverse da questa affermazione in base alle proprie esperienze e punti di vista personali.
L’essenza del minimalismo nella filosofia del ragno
L’essenza nelle parole, la sintassi ridotta e l’uso di vocaboli necessari sono una caratteristica intrinseca. L’autore crede che oggi si parli troppo e si ascolti troppo poco ed è per questo che lui preferisce ascoltare piuttosto che parlare.
Parlare troppo significa avere la presunzione di sapere tutto e questo potrebbe entrare in contrapposizione con la realtà. La gente esagera e mente, da poco peso alle parole e quindi ne mette tante.
Insomma parla senza sapere effettivamente ciò che dice, il loro obiettivo è l’esaltazione del proprio ego con fini di autocompiacimento. I silenzi rappresentano un rafforzativo delle parole, distruggerli significherebbe dar poco peso ai vocaboli.
La scrittura nella filosofia del ragno
Quando si parla di scrittura le cose cambiano, il fiume si riempie e straripa invadendo pagine bianche ancora vergini. Scrivere è liberatorio, scrivere è necessario: “Verba volant scripta manent”.
Scrivere permette di avere il giusto tempo per riflettere. Fissare le proprie idee, i propri principi, il presente in pagine indelebili e rileggibili.
È un’ottima pratica, apre la mente e permette di vedere se si entra in contrapposizione con il proprio passato. Come disse Enrico Ruggeri: <<Si possono cambiare le idee, ma i nostri principi debbono rimanere immutati>>.
Da “Se rema il ragno prima o poi si bagnerà” nacque la filosofia minimalista dedicata, basata sulla riduzione della realtà, espressività moderata, personalità soft, anti nichilismo, identità sovranista e tradizionalista, disprezzo per potere ed aristocrazia. L’isolamento parziale è motivato dal recupero dell’essenziale, il succo idealista denigrato dall’aberrazione sociale, per mezzo della privazione del superfluo, lotta agli sprechi e al futile motivo.
La corrente si contrappone fortemente al capitalismo, alla globalizzazione, alla moda e a tutto ciò che comporta un appiattimento di ideali, principi e valori primordiali figli delle lotte di classe, degli scontri proletari, dei diritti acquisiti. I valori così come la religione, che ne esalta le caratteristiche, soffrono nella superficialità moderna annacquata dal “libero scambio” in cui si nasconde la finanza speculativa.
L’uomo e la sua identità
L’uomo sta perdendo la sua identità a favore di un’identità comune esaltata anche dal liberismo incondizionato: quella della finanza globale cinica e spudorata, della produzione illimitata finalizzata allo sfruttamento massimo delle risorse (naturali e umane). Negli ultimi 30 anni siamo stati testimoni di una perdita clamorosa di quanto acquisito in 200 e passa anni.
Dalla distruzione dei diritti dei lavoratori, fino a quella dell’artigianato locale. In silenzio e senza insurrezioni abbiamo assistito ad una destrutturazione della comunità (e del comunismo vero) favorita dall’introduzione dell’emigrazione incentivata, chiamata Erasmus. Con l’Erasmus sono state spostate intere generazioni all’estero che hanno perso il contatto con la loro patria, i loro ideali, le loro tradizioni.
Questo progetto di rendere a tutti i costi le persone globalizzate e creare il perfetto cittadino europeo ha comportato uno spreco di denaro pubblico immane oltre che ad una destabilizzazione familiare mista a sofferenza da lontananza. La manodopera altamente specializzata prende sempre di più il largo dall’Italia, mentre l’immigrazione contribuisce a ridurre le skill necessarie per essere competitivi con altri paesi.
Globalizzazione
La deregulation è stata la seconda arma del capitalismo, volta a ridurre sempre di più la mano della politica (con conseguente riduzione del welfare e conversione dei beni pubblici in privati con la scusa di fare cassa) a favore del libero mercato.
Quello che oggi l’America vuole è rompere tutti i confini con i trattati di libero scambio, quanto di peggio si possa avere per il nostro mercato. Questo comporterebbe un enorme abbassamento della qualità dei prodotti con conseguente dumping economico e distruzione del made in Italy. Quello che in gran parte ha fatto il mercato cinese verrebbe completato da quello americano dove regnano le multinazionali più agguerrite.
Molte maschere, pochi volti
Oggi troppo spesso si indossano maschere per assomigliare a qualcuno invece di ascoltare se stessi ed essere ciò che si è. Il simbolo del ragno, rimanda al disprezzo dell’umanità verso le debolezze generate dal sistema capitalistico figlio del liberismo. Il ragno è spesso solo in continua lotta per la sopravvivenza contro tutto e tutti. Questo è lo spirito da cui tutto nacque per caso, forse utopico per l’era contemporanea. Un’utopia vagheggiante nell’aria che ogni tanto ritorna prepotente a ricordare l’essenziale di essere e non di avere.
Un ritorno alle origini pre-tecnologiche quando i valori non erano distorti dalla brama di sviluppo incontrollato. La tecnologia ha tradito l’uomo in quanto usata per scopi militari di dominio e uccisione. L’aberrazione sociale figlia dell’appiattimento mentale trova nel calcio il massimo esponente di distrazione di massa.
Uno sport in cui sono annebbiati i valori primari per fini monetari. L’uomo schiavo che paga per entrare in uno stadio invece di acquistare un libro è per noi la massima sconfitta possibile del periodo contemporaneo. Se porta anche il figlio di 5 anni è la strada del non ritorno, della perdizione umana, della perigliosa via dell’indottrinamento.
La filosofia del ragno è stata fondata da Michele Paoletti, una sorta di “filosofia minimalista” che si ispira alle caratteristiche del ragno: lentezza, attesa, costanza, sorpresa, attacco, costruzione paziente della propria tela. Questa filosofia contiene principi ispiratori universali.
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