Sharenting è il termine utilizzato per descrivere il fenomeno di una condivisione online costante da parte dei genitori di contenuti che riguardano i propri figli/e (foto, video, ecografie, storie).
Sharenting: quando i genitori usano i figli
Il neologismo, coniato negli Stati Uniti, deriva dalle parole inglesi “share” (condividere) e “parenting” (genitorialità), anche se più propriamente si dovrebbe privilegiare il termine “over-sharenting”, ovvero l’eccessiva e costante sovraesposizione online di bambini e bambine.
Nella maggior parte dei casi questa esposizione avviene senza il loro consenso, perché troppo piccoli o non ancora così grandi da comprenderne le implicazioni, oppure perché il consenso non viene loro richiesto. È diventato una vera e propria piaga sociale anche perché viene promosso dagli influencer che a loro volta influenzano per l’appunto altri genitori.
Sharenting – La legge deve tutelare maggiormente i figli
Ma quali sono le implicazioni etiche e legali di una tale esposizione dei minori al mondo digitale, che si manifesta anche con il cosiddetto “sharenting”? L’età minima per iscriversi ai social network è 14 anni. Nonostante ciò, in molti casi con la complicità dei genitori che consentono a che ciò accada, si iscrivono dichiarando un’età falsa.
La legge parla chiaro: fino ai 12 anni di età in Italia il bambino non ha capacità di discernimento (intesa come consapevolezza e comprensione, limitatamente al senso dell’ascolto) e ne fanno le veci entrambi i genitori congiunti; inoltre, il limite minimo di età nelle piattaforme social è 14 anni. Ergo: chi sponsorizza i 12enni influencer commette un errore.
La legge c’è ma: chi la applica? Chi controlla? Chi sanziona?
In Italia l’età minima per iscriversi ai social network è di 14 anni. Lo prevede l’articolo 2-quinquies del decreto legislativo 101 del 2018, che ha recepito nel nostro Paese il Regolamento Generale Sulla Protezione Dei Dati (GDPR, dall’inglese General Data Protection Regulation), il provvedimento dell’Unione Europea che disciplina il modo in cui le aziende e le altre organizzazioni trattano i dati personali, promulgato il 25 maggio 2018.
Al GDPR fanno riferimento le condizioni di utilizzo dei principali social network. Questo regolamento prevede una soglia minima di 16 anni per l’iscrizione ai social in Europa. C’è tuttavia la possibilità per gli Stati membri dell’UE di stabilire per legge un’età diversa, purché non inferiore a 13 anni. L’Italia ha scelto di fissare l’età minima a 14 anni. In questi mesi la Francia sta valutando di innalzarla a 15.
Sharenting – Esposizione e sovraesposizione senza consenso
Alcuni addirittura finiscono per adottare dei figli e una volta che si sentono genitori sviluppano quella malsana insofferenza per cui debbono ostentare la nuova prole su ogni post/reel, per ostentare la loro genitorialità.
Si definiscono anche content creator ma non capiscono che sono privi di contenuti, per questo usano i figli come contenuto (leggi qui). Prole che non è neanche loro, usata come prodotto globalizzato clickbait da dare in pasto al mondo digitale.
Un pessimo esempio che invece di essere attaccato viene condiviso, osannato, ripostato, invitato nei talk show, pubblicizzato. E così si finisce per creare un risalto mediatico e viralità che minano sempre più la privacy dei figli e distruggono l’educazione digitale. Pessimo. I figli che siano adottati o meno non sono delle proprietà personali di cui si dispone a piacimento da giovani e nella vecchiaia. Sono esseri in fase di sviluppo, autonomi, liberi, procreati senza neanche il consenso e da educare per evitare proprio quello che i genitori fanno con lo sharenting.
L’ignoranza digitale dilaga e serve qualcuno che educhi i genitori stessi che non sanno proteggere i loro figli naturali o acquisiti.
Sharenting e futuro: tra multe e leggi
Sicuramente verranno adottate misure più stringenti per limitare questo fenomeno dilagante che fa gioco alle piattaforme.
Il Data Protection Commissioner (DPC) irlandese ha imposto una super multa di 405 milioni di euro a Meta per aver violato la privacy dei minori tramite il suo social network Instagram.
TikTok è stata sanzionata con una multa da 345 milioni di euro per non aver rispettato il regolamento europeo in materia di protezione dei dati (GDPR).
Il legislatore ha deciso che chiunque pubblichi fotografie di terzi, maggiorenni o minorenni, senza il dovuto consenso rischia la reclusione da 6 mesi a 3 anni, così come stabilisce l’articolo 167 del Decreto legislativo 196/2003, ossia il codice in materia di protezione dei dati personali.
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