Siamo tutti progenitori di contadini, di persone nate al mondo per vivere di semina e raccolta. I nostri nonni, i padri dei nostri nonni, e i padri dei padri dei nostri nonni, erano tutti contadini. La bellezza di quei tempi duri e crudi di vita vissuta, ma con tanta gioia di vivere sono terminati.
Per la prima volta nella storia moltissime persone in massa hanno smesso di coltivare la terra in cerca di fortuna e di una vita migliore nelle crescenti città, soggiogati dalla brama di ricchezza e dalla voglia di dare una svolta positiva ai loro figli. Il loro unico scopo era quello di piazzare la propria prole al comune, all’ospedale, nella scuola o in qualunque luogo in grado di dargli un posto fisso, un posto sicuro, un posto senza polvere. Da 10 divennero 100,da 100 a 1000,da 1000 a milioni. Questo spopolamento delle campagne verso le città noto come rivoluzione industriale nei libri di storia, io la definirei involuzione sociale. Ad ogni fenomeno infatti associamo un trade-off, un compromesso.
E il compromesso di una vita migliore è stata la perdita di valori. La scissione dell’Io sempre più grave. Ci siamo distaccati dalla campagna, dalla natura, dal rapporto con l’evolversi delle stagioni. E come colpo finale la globalizzazione ha permesso di peggiorare ancor di più la direzione che si stava prendendo, facendo chiudere le piccole botteghe di artigiani, cultori, artisti e saggi del sapere per dar luogo a distese di cemento chiamate centri commerciali dove sempre più persone si intanano in cerca di chissà cosa.
Stiamo vivendo un periodo difficile di maleducazione, di disinformazione, di assenza di rispetto per la natura e di fallimento del consumismo sfrenato. Il sistema consumistico è un fallimento e la forsennata corsa ai consumi oltre ad essere deleteria per l’ambiente è deleteria per il nostro animo. Sempre di corsa, sempre al lavoro, sempre talmente impegnati da non aver più tempo di ragionare. La riflessione sta morendo. I rapporti sociali stanno scomparendo.
Le dita sfiorano più schermi di cellulari che clitoridi e di questo declino sociale sono il testimone. Siamo nati nel posto giusto in un epoca sbagliata. Dove abbiamo tutto ma ci manca tutto. Dove l’apparenza sovrasta l’essenza. Dove si è persa l’usanza di autoproduzione, artigianato, valorizzazione locale. La terra sta diventando sempre più arida e sterile, i prodotti sempre più industrializzati, lavorati, raffinati, privi di energia e imbevuti di sostanze chimiche a non finire, sono diventati il pane sterile del futuro. L’industria chimica sta avvelenando la nostra generazione sotto il silenzio delle lobby. Si vuole una società malata e controllata in grado di non pensare, in grado di non agire. Siamo entrati in matrix e nemmeno ce ne siamo accorti. Ma un giorno ti svegli o ti sveglierai con la consapevolezza che ti stanno fregando la vita. Capirai che la libertà è inesistente.
Ma torniamo a noi.
La famiglia ha avuto un cambio netto, dal patriarcato caratterizzato da un numero elevato di persone appartenenti alla stessa famiglia e dove l’uomo aveva il ruolo centrale di portare a casa da mangiare mentre la donna il ruolo principe di accudire i figli, siamo passati ad una famiglia molto ridotta dove l’uguaglianza dei diritti ha permesso la scalata della donna verso i più alti vertici sociali ma che di conseguenza ha portato a trascurare la prole.
Questo ha comportato il dilagante fenomeno della maleducazione legato all’assenza di educazione e a fenomeni da baraccone chiamati star presi come esempio da seguire. I mass media hanno distrutto quel poco rimasto e il fallimento sociale è sempre più evidente. Stiamo vivendo il fallimento della rivoluzione industriale, del capitalismo, della globalizzazione, della maleducazione. Stiamo vivendo l’involuzione sociale.
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