Gli ignavi, i progenitori degli astenuti

Gli ignavi, i progenitori degli astenuti

L’importanza della letteratura e della storia a volte non si comprende per mancanza di una visione a lungo raggio in grado di captare il ritorno dei cicli, il ripetersi della storia e l’estrapolazione di significati intersi in parole poco comprensibili tramandate a noi sottoforma di antichi scritti. Dal famoso e celeberrimo Ponzio Pilato fino ai giorni nostri di racconti ne sono stati scritti parecchi ma la descrizione di Dante Alighieri in particolare focalizza con precisione ed esaltazione le caratteristiche dell’ignavo talmente bene da poter visualizzare mentalmente codesto girone.

Gli ignavi sono coloro che durante la loro vita non hanno mai agito, né nel bene né nel male, senza mai osare avere una idea propria, ma limitandosi ad adeguarsi sempre. Nel Canto III dell’Inferno, Dante, nella sua Commedia, li inserisce nell’Antiferno, perché li giudica indegni di meritare sia le gioia del Paradiso, sia le pene dell’Inferno, a causa proprio del loro non essersi schierati né a favore del bene, né a favore del male. Sono costretti a girare per l’eternità attorno a una bandiera bianca – simbolo della loro incapacità di schierarsi, in vita, da una piuttosto che dall’altra parte – punti da vespe e mosconi. Il loro sangue, unito alle loro lacrime, si mescola al fango dell’Inferno, come se questi dannati fossero dei cadaveri, morti viventi sepolti vivi, con il corpo straziato dai vermi.

« E io ch’avea d’error la testa cinta,
dissi: “Maestro, che è quel ch’i’ odo?
e che gent’è che par nel duol sì vinta?”.

Ed elli a me: “Questo misero modo
tengon l’anime triste di coloro
che visser sanza infamia e sanza lodo.

Mischiate sono a quel cattivo coro
delli angeli che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé foro.

Caccianli i ciel per non esser men belli,
né lo profondo inferno li riceve,
ch’alcuna gloria i rei avrebber d’elli”.

E io: “Maestro, che è tanto greve
a lor che lamentar li fa sì forte?”.
Rispuose: “Dicerolti molto breve.

Questi non hanno speranza di morte,
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che ‘nvidïosi son d’ogne altra sorte.

Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa”. »

(Dante AlighieriInferno III31-51)

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  • Redazione Online

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